La situazione economica delle imprese italiane si fa sempre più preoccupante, con un evidente calo delle richieste di credito nel secondo trimestre del 2023. Secondo il Barometro periodico di Crif, le domande di finanziamento sono diminuite di circa il 5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, confermando una tendenza negativa che si era già manifestata nei trimestri finali del 2022 e che continua a perdurare nei primi mesi del 2023.
Questo declino è un fenomeno generalizzato che coinvolge tutti i settori produttivi e tutte le regioni italiane, ad eccezione della Sicilia. Tuttavia, è soprattutto le piccole e piccolissime imprese che risultano essere le più colpite da questa crisi economica in atto.
Parallelamente, si nota anche una tendenza al rialzo del tasso di default delle imprese italiane, che include sia il default pubblico che quello creditizio. Dopo aver toccato minimi storici durante il periodo pandemico e dopo un periodo di stabilità relativa, il tasso di default ha iniziato a risalire dalla fine del 2022 e ha raggiunto il 2,5% nel primo semestre del 2023. Si prevede che questa percentuale continui ad aumentare nei mesi a venire, con il settore “leisure” (turismo, ristorazione e attività legate al tempo libero) che registra un picco del 4% di tassi di default, rendendolo il più colpito dal deterioramento della situazione creditizia.
Anche il rapporto tra Ebitda (guadagni aziendali) e oneri finanziari è in calo, specialmente nel settore leisure, dove si prevede una riduzione a 4x per il 2023 rispetto al valore prossimo a 10x registrato nel 2021.
Secondo Simone Capecchi, executive director di Crif, il rallentamento delle richieste di credito da parte delle imprese non è dovuto tanto a un rallentamento congiunturale dell’economia, quanto a fattori quali l’aumento dei tassi di interesse e l’incertezza sulla durata della stretta creditizia impostata dalla Banca Centrale Europea (BCE). Un comportamento simile è stato rilevato anche nella domanda di mutui da parte delle famiglie, che ha subito un crollo del 28% nel secondo trimestre. Le imprese, soprattutto quelle più piccole, preferiscono posticipare gli investimenti di fronte al rincaro del costo del denaro e alle incertezze sul futuro.
Sorprendentemente, nonostante il calo delle richieste, gli importi medi delle richieste di credito sono aumentati nel primo semestre del 2023, raggiungendo i 141.581 euro, in aumento del 17,6% rispetto al 2022. Questo aumento si nota soprattutto nelle società di capitali, che hanno avanzato richieste per un valore medio di 185.670 euro, segnando un incremento del 16,9% rispetto all’anno precedente.
Il settore “leisure” appare particolarmente in difficoltà, con la rischiosità creditizia in rapida crescita. Le aziende che operano nei servizi di ristorazione sono le più colpite dagli effetti dell’inflazione sui consumi, del caro delle materie prime e del caro dell’energia. Questi fattori hanno contribuito a far aumentare rapidamente i tassi di default nel corso del 2022.
Nonostante la situazione critica, il tasso di default delle imprese italiane rimane ancora inferiore ai dati registrati nel periodo pre-Covid e alle medie europee, ma l’aumento costante rappresenta una sfida significativa per il sistema Paese. Il futuro rimane incerto e dipenderà, in parte, dalle politiche economiche e dalle misure adottate per sostenere e stimolare il settore imprenditoriale in questa delicata fase.