Nel primo semestre del 2023, è stato registrato un aumento del 15,2% delle nuove procedure avviate da aziende in difficoltà per gestire crisi d’impresa, scioglimenti e liquidazioni, rispetto allo stesso periodo nel 2022, con un totale di 53.849 nuove pratiche. Se questo tasso di incremento fosse proiettato sull’intero anno, si prevederebbe un aumento del 4,3% rispetto all’anno precedente, con un valore assoluto di 107.698 procedure. Questo valore è leggermente superiore a quello del 2019, l’ultimo anno prima dell’impatto economico della pandemia.
Sebbene sia presto per lanciare un allarme, l’aumento delle procedure riflette gli effetti del caro energia e della stretta sui tassi d’interesse. È importante notare che il confronto con gli anni precedenti è complicato dall’entrata in vigore del Codice della crisi nel luglio 2022, che ha comportato la riclassificazione di alcune voci e l’aggiunta di altre.
Questo aumento delle procedure si aggiunge ad altri segnali negativi nell’economia italiana, come il rallentamento della crescita economica nel secondo trimestre, il calo della fiducia dei consumatori e la frenata nel settore turistico dovuta all’aumento dei prezzi. Tuttavia, è difficile determinare se questo aumento delle procedure sia un campanello d’allarme per una possibile recessione o semplicemente un adeguamento rispetto agli shock degli ultimi anni.
L’aumento delle procedure nel primo semestre 2023 può essere attribuito a diversi fattori, tra cui il rialzo dei prezzi dell’energia e delle materie prime causato dalla situazione in Ucraina. Potrebbero anche aver iniziato a manifestarsi i primi effetti dell’aumento dei tassi di interesse, anche se l’impatto complessivo di questo aumento deve ancora emergere.
Anche se ci sono preoccupazioni riguardo al rallentamento in Germania e in Cina, ci sono anche aspettative positive legate alla realizzazione degli investimenti legati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), che potrebbero contribuire alla crescita economica.