Nell’ambito della riforma dei reati fallimentari, la commissione ministeriale presieduta da Renato Bricchetti e istituita dal ministro della Giustizia Carlo Nordio ha completato la stesura del testo normativo. Il testo è ora in attesa dell’esame del ministro per essere presentato al Consiglio dei Ministri. La riforma dei reati fallimentari è stata promossa al fine di adattare la disciplina penale all’attuale contesto civile, che pone maggiore enfasi sulla salvaguardia delle attività aziendali.
L’obiettivo principale della riforma è mantenere un forte deterrente penale per i reati fallimentari, considerati la complessità delle condotte criminali in un settore critico della criminalità economica, pur adattando la disciplina penale alle nuove esigenze del Codice della crisi. Questo nuovo quadro normativo è stato notevolmente influenzato dalla necessità di equilibrare la tutela dei creditori con la protezione dell’impresa e dell’imprenditore individuale.
Il provvedimento di riforma, composto da quattro ampi articoli, affronta diverse problematiche emerse nel corso degli anni nell’applicazione delle leggi sui reati fallimentari. La riforma mantiene sanzioni detentive significative, ad esempio, per la bancarotta fraudolenta, con una pena massima di 15 anni (10 anni nella forma base e ulteriori 5 anni se il danno causato è particolarmente grave). Inoltre, la riforma stabilisce che le attività di dissimulazione, distruzione, dissipazione e altre simili debbano essere effettuate in modo concretamente pericoloso per essere considerate reato.
La figura del dolo svolge un ruolo chiave nella definizione delle condotte punibili. La riforma non specifica il dolo in modo esplicito ma consente di perseguire chi contribuisce in modo significativo al dissesto della società. Inoltre, l’obbligo di confisca, anche per equivalente, è previsto in caso di condanna o patteggiamento in relazione al prezzo o al profitto del reato.
Una delle innovazioni più significative della riforma è l’attenzione dedicata alle cause di non punibilità e alle attenuanti. Ad esempio, il testo stabilisce che un individuo non può essere condannato per bancarotta se ha riparato il danno o rimosso il pericolo prima della sentenza di liquidazione. Se il danno causato non è particolarmente grave e la condotta non è abituale, è ammessa l’applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto.
La riforma riconosce inoltre l’importanza delle attenuanti, riducendo significativamente le pene per coloro che riparano i danni prima del giudizio. Uno sconto fino alla metà della pena è previsto per chi coopera nella riduzione del danno, nella ricostruzione dei fatti e delle scritture contabili, e nell’individuazione di responsabilità altrui.
Inoltre, la riforma enfatizza la necessità di soddisfare i creditori. Ad esempio, coloro che attribuiscono attività inesistenti alla società o simulano crediti privi di fondamento per accedere a istituti di concordato o accordi di ristrutturazione possono affrontare una pena detentiva fino a 6 anni. Tuttavia, una diminuzione delle sanzioni, da metà ai due terzi, è prevista se il debitore rispetta i piani di rientro e soddisfa almeno un terzo dei crediti residui al momento dell’avvio della procedura.