La recente edizione del Barometro Crif ha rivelato un quadro complesso dell’economia italiana. Le imprese italiane sembrano restie a impegnarsi in nuovi investimenti, soprattutto in un periodo caratterizzato da incertezza economica e crescenti tensioni geopolitiche. I dati relativi alle richieste di credito da parte delle aziende, seppur sostanzialmente stabili, riflettono questa prudenza. Dopo cali significativi nel 2022 (-5,7%) e nel primo semestre del 2023 (-4,2%), il terzo trimestre ha registrato un modesto aumento delle richieste (+0,1%). L’importo medio richiesto si è attestato a 125.404 euro, mostrando una leggera diminuzione rispetto all’anno precedente (-0,5%). Secondo Simone Capecchi, executive director di Crif, “Le imprese preferiscono attingere alle proprie riserve per affrontare le spese correnti, posticipando i piani di investimento a lungo termine.”
Tuttavia, l’aspetto più preoccupante è il crescente rischio di insolvenza delle aziende. Dopo aver toccato il minimo storico alla fine del 2021, il tasso di default delle imprese italiane è iniziato a salire, segnando la prima inversione di tendenza dal 2013. Nel dicembre dell’anno scorso, il tasso di default per le imprese italiane è aumentato al 2,4% rispetto all’1,6% dell’anno precedente. Nel primo semestre del 2023, l’incremento ha portato il tasso di default al 2,5%. Secondo Crif, considerando il contesto macroeconomico attuale, si prevede che verso la fine del 2023 il tasso di default delle imprese italiane raggiungerà il 3%.
Sebbene il 3% sia inferiore alla media europea e ben al di sotto dei picchi raggiunti nel 2013 (7%) e della soglia di allarme (intorno al 6%), il rapido aumento del tasso di default desta preoccupazione. In particolare, il settore del turismo e tempo libero è tra i più colpiti, con un tasso di default che si avvicina al 5%.
Questo deterioramento della situazione creditizia è attribuibile a diversi fattori, tra cui l’inflazione elevata, i tassi di interesse in crescita e una modesta crescita dell’economia reale. Simone Capecchi di Crif commenta, “Si sta configurando lo scenario che temevamo 7-8 mesi fa, ovvero che verso la fine dell’anno ci saremmo potuti trovare davanti a una crisi di liquidità generalizzata per il mondo delle imprese.” Settori come il turismo, l’alimentare, i trasporti, la logistica e il commercio al dettaglio sono particolarmente colpiti, poiché avevano precedentemente fatto un ampio uso della leva finanziaria e ora ne subiscono le conseguenze.
Infine, il rapporto rivela che nel terzo trimestre le società di capitali hanno registrato una flessione dello 0,2% nelle richieste di credito, mentre le imprese individuali hanno visto un aumento dello 0,6%. La situazione economica continua a sfidare il sistema imprenditoriale italiano, e le prospettive per il 2024 rimangono incerte. Molto dipenderà dalla capacità delle banche di evitare una stretta creditizia. Sebbene non ci troviamo in uno scenario di credit crunch, le misure di restrizione monetaria possono portare a una contrazione del credito, contribuendo a una maggiore complessità dell’ambiente economico-finanziario.