La destinazione dei prestiti garantiti, ottenuti dalle imprese durante la pandemia e per far fronte all’aumento dei costi energetici, ha sollevato interrogativi sulle scelte di utilizzo della liquidità. Secondo l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, circa il 60% di questi fondi è stato depositato su conti correnti bancari o in forme di deposito e in gran parte rimane ancora inutilizzato. Messina ha evidenziato come questa liquidità rappresenti ancora un “polmone finanziario” a costi contenuti, al quale le imprese possono attingere per proteggersi dal progressivo aumento dei tassi di interesse. Nonostante i prestiti garantiti abbiano superato i 250 miliardi di euro, circa 150 miliardi di euro sono stati destinati a conti correnti.
“Molte aziende hanno ricevuto disponibilità economiche durante la pandemia, ma circa il 60% di questi fondi è stato depositato in banca”, ha affermato Messina. “L’attuale riduzione dei depositi è il risultato delle imprese che utilizzano queste disponibilità per evitare di pagare interessi più elevati. Preferiscono impiegare il denaro per le proprie esigenze produttive o per rimborsare i prestiti ottenuti”.
Secondo i dati della Banca d’Italia, a luglio 2022 i depositi delle imprese di medie e grandi dimensioni, nonché delle piccole e medie imprese (PMI), ammontavano a 524 miliardi di euro. A gennaio 2023, tale cifra si era ridotta a 460 miliardi di euro, ma nell’aprile dello stesso anno è nuovamente aumentata a 495 miliardi di euro. La maggior parte delle imprese che hanno richiesto prestiti garantiti ha optato per tassi di interesse fissi. In media, nel settore bancario, circa il 60% dei prestiti alle aziende è a tasso fisso, sia per quelli garantiti che per quelli ordinari ottenuti prima della pandemia. La garanzia pubblica riduce il costo del credito, mantenendo il tasso di interesse più basso rispetto al mercato, anche se il prestito è a tasso variabile.
Interessante è il fatto che, secondo il rapporto annuale della Banca d’Italia, nel 2020 sono state soprattutto le imprese redditizie a beneficiare dei prestiti garantiti. Queste aziende hanno accumulato liquidità per futuri bisogni, anziché utilizzarla per sostenere le proprie attività. “Nel 2022, la liquidità del settore delle società non finanziarie è diminuita leggermente, dopo un significativo aumento nei due anni precedenti, grazie alle misure di sostegno pubblico come le moratorie e i prestiti garantiti”, afferma il rapporto. “La diminuzione è stata accompagn
ata da un aumento delle spese per gli investimenti fissi e dei rimborsi dei debiti bancari. I comportamenti delle imprese durante questi andamenti aggregati sono stati molto diversi. Nel 2020, oltre i due terzi delle imprese analizzate hanno accumulato liquidità, mentre nel 2021 questa percentuale è scesa leggermente. Tuttavia, l’accumulazione di liquidità è stata molto concentrata: circa la metà dell’aumento complessivo nel biennio è attribuibile all’1% delle imprese con i maggiori incrementi”.
L’espansione delle risorse liquide nel 2020 ha interessato principalmente le aziende redditizie, che hanno anche aumentato l’indebitamento bancario. Nel 2021, l’accumulazione di liquidità è stata principalmente associata alla redditività delle imprese. Le altre aziende, invece, hanno continuato a risentire delle restrizioni creditizie.