Dopo 18 mesi di calo, i fallimenti in Italia mostrano un aumento preoccupante, segnalando una difficile situazione economica. I dati forniti da Cerved indicano che l’incremento medio nel secondo trimestre del 2023 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente è limitato all’1,5%, ma questa cifra sale al 5,2% nel settore manifatturiero. Nel complesso, sono coinvolti 81.000 lavoratori.
Sebbene il numero assoluto dei fallimenti rimanga sotto controllo a 2.070 unità, che è meno della metà rispetto al picco del 2014 quando quasi 4.500 aziende fallirono in un solo trimestre, questo segnale di difficoltà non può essere ignorato. In particolare, le piccole e medie imprese (PMI) sono le più colpite, come già evidenziato nel 2022 a causa della crisi di liquidità e dei ritardi nei pagamenti ai fornitori.
Le ditte individuali mostrano un aumento significativo (+27,7%), mentre le società di capitali registrano solo un leggero aumento complessivo (+0,3%), trainato principalmente dalle aziende con un fatturato compreso tra 2 e 10 milioni di euro (+44,8%).
A livello settoriale, alcuni settori sono più colpiti rispetto ad altri. Ad esempio, l’industria alimentare registra un aumento dell’84,6%, gli alberghi del 50,0%, e le attività all’ingrosso nel settore delle costruzioni del 36%. Questi settori avevano già mostrato elevati livelli di indebitamento nel 2022 e peggioramenti nei pagamenti.
Altri settori industriali, come le lavorazioni meccaniche e metallurgiche (+24%) e la carpenteria metallica (+23,1%), mostrano tendenze negative, influenzate anche dagli aumenti dei costi dell’energia.
Anche i servizi informatici e software (+20,8%) e il settore della ristorazione (+20,3%) segnalano problemi, soprattutto a causa dell’indebitamento elevato o dei ritardi nei pagamenti ai fornitori.
La risalita dei fallimenti avviene in un contesto di rallentamento economico evidente e riflette la situazione attuale. I consumi più deboli, gli investimenti frenati dai tassi d’interesse elevati e un mercato meno dinamico sono segnalati dalle imprese nelle ultime rilevazioni sulla fiducia dell’Istat. Se prima il principale ostacolo alla produzione era la mancanza di componenti, ora la principale sfida è la debolezza della domanda.
Questi effetti non sono uniformi e variano tra i settori e le regioni italiane. Il Nord-Est e il Centro mostrano un aumento significativo dei fallimenti (+12,1% e +11,6% rispettivamente), mentre il Nord Ovest e il Mezzogiorno registrano un calo (-4% e -7,1%). La situazione varia anche a livello regionale, con la Valle d’Aosta che mostra un notevole calo (-33,3%) e il Molise che registra un forte aumento (+85,7%).
Le liquidazioni volontarie, che sono risultato di scelte aziendali, mostrano un aumento significativo (+26%), soprattutto tra le PMI con un fatturato tra 2 e 10 milioni di euro. Le costruzioni (+33%), i servizi (+26,2%) e l’industria (+22,8%) sono i settori più colpiti.
L’aumento dei fallimenti comporta la perdita di posti di lavoro, con quasi 18.000 lavoratori coinvolti solo nei fallimenti nel trimestre e un totale di 81.000 considerando anche le liquidazioni volontarie. Queste aziende erano in grado di generare oltre un miliardo di valore aggiunto, ora perso.
L’asimmetria in questa situazione è evidente, con alcuni settori e regioni più colpiti di altri. Mentre l’Italia inizia a sentire gli effetti del rallentamento economico, la tendenza si riflette anche in altre economie europee, tra cui Germania e Francia, che registrano un aumento delle dichiarazioni di bancarotta nel secondo trimestre del 2023.