Una recente sentenza del Tribunale di Lucca ha complicato ulteriormente le possibilità di risanamento delle imprese in crisi. La sentenza, emessa il 18 luglio scorso, stabilisce che l’omologazione forzosa della transazione fiscale non è ammissibile nel contesto di un concordato in continuità. Questa pronuncia rappresenta la prima decisione su questo tema.
L’articolo 88, comma 2-bis, del Codice della crisi e dell’insolvenza, che regola il “cram down” fiscale (ossia la possibilità per il tribunale di omologare il concordato preventivo anche senza il consenso dell’amministrazione finanziaria), fa riferimento all’articolo 109, comma 1, che riguarda il concordato liquidatorio, ma non menziona l’articolo 109, comma 5, che si riferisce al concordato in continuità, né il comma 2 dell’articolo 112, che disciplina la ristrutturazione trasversale in quest’ultimo tipo di concordato. Di conseguenza, dal punto di vista letterale, non esiste un collegamento tra l’omologazione forzosa e il concordato in continuità.
L’interpretazione estensiva del comma 2-bis è negata per diverse ragioni, tra cui:
a. La direttiva sull’insolvenza non consente di considerare un voto non espresso da un creditore, o da una classe di creditori, come un voto favorevole.
b. Il “cram down” fiscale è stato introdotto quando il nostro ordinamento non prevedeva la regola della priorità relativa, ma solo quella della priorità assoluta. Quindi, non può essere applicato nello stesso modo alle situazioni in cui la distribuzione dei beni futuri segue la regola della priorità relativa.
c. L’approvazione della proposta da parte della maggioranza delle classi nel concordato deve essere esplicita.
d. Il “cram down” fiscale non sarebbe consentito negli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa, in cui l’accordo è imposto anche ai creditori non aderenti. Se fosse consentito nel concordato, si estenderebbe l’efficacia dell’accordo non solo al creditore pubblico contrario o non aderente, ma anche a tutti gli altri creditori non aderenti.
e. La disciplina del piano di ristrutturazione omologato consente al debitore di modificare la domanda formulando una proposta di concordato preventivo se la sua proposta non è stata approvata dall’unanimità delle classi. Pertanto, l’approvazione della proposta di concordato preventivo mediante l’applicazione dell’articolo 88, comma 2-bis, senza una modifica significativa del contenuto della proposta, creerebbe una “evidente incoerenza di sistema”.
Queste disposizioni, contenute negli articoli 88 e 112, sono complesse e soggette a diverse interpretazioni. Tuttavia, escludere l’omologazione forzosa della transazione fiscale nel concordato in continuità potrebbe portare a una lacuna nell’ordinamento giuridico, ostacolando il risanamento delle imprese durante una procedura che il Codice della crisi promuove come una delle più efficaci.
È importante considerare che il “cram down” fiscale può essere utile quando l’adesione dell’amministrazione finanziaria è fondamentale per l’approvazione del concordato da parte della maggioranza delle classi. Questo potrebbe verificarsi quando il numero di classi favorevoli è uguale al numero di classi contrarie e il voto dell’amministrazione finanziaria cambierebbe il risultato da negativo a positivo.
Inoltre, è essenziale notare che il voto rilevante per la ristrutturazione trasversale non è quello espresso dall’amministrazione finanziaria, ma piuttosto quello stabilito dal tribunale in caso di contestazione sulla legittimità di tale voto. Pertanto, escludere la transazione fiscale potrebbe privare il debitore di una tutela giurisdizionale contro il rifiuto illegittimo dell’amministrazione finanziaria, compromettendo il risanamento aziendale.
In conclusione, la sentenza solleva diverse questioni interpretative e potrebbe avere un impatto significativo sulle procedure di concordato in continuità e sulla possibilità di ristrutturare i debiti fiscali delle imprese in crisi.