Il Consulente tecnico
Il consulente tecnico di ufficio (d’ora in avanti C.T.U.) è un ausiliare del giudice. La funzione del C.T.U. è quella di assistere il giudice nella risoluzione di problematiche di natura tecnica, che si presentino al giudice. Quest’ultimo si affida a specifici C.T.U. in quanto ha necessità di una preventiva risoluzione di questioni tecniche.
Quando il giudice ritiene necessaria la nomina di un C.T.U., la sua funzione è quella di dare risposta ai quesiti del giudice, utilizzando la propria specifica competenza tecnica.
L’attività del C.T.U. sfocia nella redazione della relazione finale scritta e nel suo deposito in cancelleria nel termine accordatogli dal giudice.
Nomina del CTU e vizi del provvedimento
Quando il giudice ritiene necessaria l’assistenza di un consulente tecnico d’ufficio provvede alla sua nomina, formulando altresì i quesiti che intende sottoporre al consulente.
Il giudice deve osservare alcune precise disposizioni di legge per quanto attiene la nomina.
Innanzitutto, la nomina deve avvenire tra le persone iscritte negli albi speciali tenuti presso ogni tribunale.
In caso di nomina di persona non iscritta in alcun albo la legge dispone che il giudice deve fare menzione nel provvedimento di nomina, motivando la scelta. Se risulta diversamente, il provvedimento di nomina è nullo per vizio di motivazione.
Nel caso di nomina di più consulenti tecnici, il giudice, nel provvedimento di nomina, deve anche indicare espressamente quali siano le ragioni di grave necessità ovvero quale sia la disposizione di legge che espressamente preveda la possibilità della nomina di più consulenti.
L’assenza nei provvedimenti di nomina dell’indicazione della ragione di grave necessità o della disposizione di legge che lo preveda espressamente costituisce grave vizio di motivazione del detto provvedimento di nomina.
Nella nomina del consulente tecnico il giudice incontra anche altri limiti normativi.
Un primo limite è costituito dal criterio dell’equa distribuzione, per il quale gli incarichi ai C.T.U. devono essere equamente distribuiti tra gli iscritti all’albo.
Un secondo limite è quello per cui al giudice non è consentito nominare consulente tecnico un esperto di diritto (avvocato e/o docente di diritto).
Deposito della relazione
Una volta che il consulente tecnico di ufficio abbia terminato le necessarie indagini e fornito al giudice i chiarimenti da esso richiesti, il consulente deve provvedere alla redazione di una prima bozza di relazione peritale. Quest’ultima va trasmessa alle parti costituite nel termine fissato dal giudice nell’udienza.
L’omesso invio alle parti della bozza di relazione dà luogo a un’ipotesi di nullità a carattere relativo. E’ suscettibile di sanatoria se il vizio non è eccepito dalle parti nella prima difesa utile.
Nel termine fissato dal giudice nella stessa ordinanza resa all’udienza, le parti devono formulare al consulente tecnico le proprie osservazioni sulla relazione ricevuta. Nel termine ulteriore, il consulente deve depositare in cancelleria la relazione finale con le osservazioni delle parti e con una sua sintetica valutazione delle stesse.
Va segnalato che il tardivo deposito comporta la riduzione del compenso al C.T.U. Nei casi più gravi, però, l’avvio di un procedimento disciplinare nei confronti del consulente.
Valutazione del giudice
Le conclusioni rassegnate dal consulente tecnico di ufficio nella sua relazione scritta finale non vincolano il giudice. Egli, però, per discostarsi dalle conclusioni della relazione peritale ha obbligo di addurre adeguata motivazione, idonea ad esporre compiutamente le ragioni che lo hanno indotto a discostarsi dalle conclusioni della relazione peritale.
Le nullità nella consulenza tecnica
Violazione dell’obbligo di comunicazione alle parti
Il consulente tecnico deve dare comunicazione al cancelliere delle indagini che intende compiere allo scopo di consentire al cancelliere di darne comunicazione al consulente tecnico di parte ritualmente nominato.
La mancata comunicazione alle parti della sospensione della Consulenza Tecnica e del successivo riavvio delle attività peritali è causa di nullità della relazione peritale, costituendo grave limitazione dei diritti difensivi delle parti.
Violazione dei limiti all’attività peritale
Al consulente tecnico d’ufficio non è consentito di formulare valutazioni a contenuto giuridico.
Il C.T.U. non può estendere la sua indagine fino a consentirsi di modificare il contenuto di una decisione giudiziaria e tanto meno l’interpretazione giuridica e la valutazione di atti, fatti e prove documentali.
L’attività del consulente tecnico non può spingersi fino all’acquisizione di mezzi di prova che sarebbe onere delle parti acquisire al processo. Questa circostanza che rende inammissibile anche la richiesta di consulenza tecnica formulata dalle parti per acquisire al processo mezzi di prova, che sarebbe stato loro onere produrre in giudizio.
La relazione peritale è nulla quando il C.T.U. abbia violato le regole procedurali per l’acquisizioni dei documenti occorrenti per la Consulenza Tecnica di Ufficio. La nullità non può essere sanata dalla mancata tempestiva contestazione delle parti o dalla loro acquiescenza e può essere anche rilevata di ufficio.
Analisi della giurisprudenza di legittimità e conclusioni
Possono trarsi le seguenti conclusioni generali.
Il ricorrere di un vizio delle operazioni peritali comporta ipotesi di nullità a carattere relativo, che va eccepita nella prima udienza successiva al deposito della relazione.
Il vizio derivante dall’attività del giudice, inficia l’intero procedimento e la sentenza che ne consegue, determinando un’ipotesi di nullità assoluta, insanabile e rilevabile d’ufficio.
Deve osservarsi che tali orientamenti della giurisprudenza di legittimità rispondono a ragionevoli criteri di logica giuridica.
Infatti, l’errore del consulente tecnico viene considerato un vizio sanabile, innanzitutto perché il consulente è esperto della sua materia tecnica, ma non necessariamente della materia giuridica; in secondo luogo, perché comunque sull’attività del consulente vigila il giudice.
Diverso è, invece, il trattamento degli errori del giudice; poiché, infatti, una sentenza, per essere legittimamente corretta, deve essere esente da errori del giudice, essa, in presenza di tali errori, fornisce validi motivi di impugnazione, determinando, come conseguenza, un allungamento della durata complessiva del processo.
Un’ipotesi di utilizzo frequento della figura del consulente tecnico si ha nelle procedure delle aste immobiliari. Scopri di più leggendo il nostro articolo “L’asta giudiziaria e le sue caratteristiche”.