Che cos’è il pignoramento presso terzi?
Il pignoramento presso terzi è una forma di espropriazione forzata. Tale espropriazione ha per oggetto beni mobili del debitore in possesso di terzi o crediti del debitore nei confronti di terzi.
Sotto la comune denominazione “pignoramento presso terzi” sono infatti comprese due distinte ipotesi di espropriazione:
- di crediti vantati dal debitore nei confronti di terzi;
- di beni mobili del debitore in possesso di un terzo e di cui il debitore esecutato non ha diretta disponibilità (ricorrerebbe altrimenti la diversa ipotesi dell’espropriazione mobiliare presso il debitore).
Il pignoramento presso terzi presuppone quindi il necessario coinvolgimento di tre parti:
- il creditore procedente, parte attiva in senso sostanziale e processuale;
- il debitore esecutato, parte passiva in senso sostanziale e processuale;
- il terzo pignorato, parte solo in senso processuale.
Come funziona il pignoramento presso terzi
Come in qualsiasi espropriazione l’avvio della procedura esecutiva presuppone l’avvenuta notifica al debitore del titolo esecutivo (sentenza, decreto ingiuntivo esecutivo, cambiale …) e dell’atto di precetto.
Salvo le ipotesi di adempimento immediato, per poter procedere al pignoramento occorre attendere che siano trascorsi almeno 10 giorni (ma non più di 90) dalla notifica dell’atto di precetto al debitore.
L’ufficio giudiziario competente
Soddisfatte tali condizioni, l’avvocato del creditore redige l’atto di pignoramento presso terzi, prestando attenzione all’indicazione del foro territorialmente competente.
Per l’esecuzione forzata avente ad oggetto beni mobili è competente il giudice (dunque il Tribunale) del luogo in cui si trovano le cose.
Per l’espropriazione forzata di crediti è invece generalmente competente il giudice (quindi il Tribunale) del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.
La notifica dell’atto di pignoramento presso terzi
Una volta redatto l’atto di pignoramento, l’avvocato del creditore lo consegna all’Ufficiale Giudiziario, affinchè provveda a notificarlo al debitore e al terzo pignorato.
La notifica dell’atto ad entrambi serve a rendere consapevole il terzo dell’esistenza della procedura, evitando che disponga della somma pignorata in favore del debitore.
E’ importante sottolineare che i terzi pignorati possono essere anche più di uno, anzi non è affatto infrequente che il creditore proponga il pignoramento nei confronti di una pluralità di terzi.
Ciò accade soprattutto quando il creditore è incerto circa l’esatta allocazione del credito.
Si pensi al caso in cui il debitore è titolare di un conto corrente bancario, ma il creditore non conosce la filiale. In tal caso il creditore potrebbe notificare il pignoramento a tutti gli istituti di credito con cui ritiene verosimile che il debitore abbia un conto corrente attivo.
Nel caso di pignoramento eseguito presso più terzi, si prevede la facoltà per il debitore di chiedere la riduzione proporzionale dei singoli pignoramenti o la dichiarazione di inefficacia di alcuni di essi.
Sulla richiesta provvede il giudice dell’esecuzione con ordinanza, convocate le parti, entro 20 giorni dal deposito dell’istanza.
Gli obblighi del terzo
Il terzo, dal giorno in cui riceve la notifica dell’atto di pignoramento, è soggetto agli obblighi che la legge impone al custode.
L’obbligo sussiste relativamente alle somme o alle cose da lui dovute e nei limiti dell’importo del credito precettato aumentato della metà.
A prescindere dalla dichiarazione (positiva o negativa) che renderà al creditore, la notifica del pignoramento rende quindi immediatamente indisponibili per il terzo le cose o le somme da lui dovute, rendendolo anche personalmente responsabile verso il creditore pignorante.
Qualora il terzo dovesse violare l’obbligo (adempiendo nei confronti del debitore o consegnandogli il bene pignorato) l’adempimento sarebbe comunque inefficace nei confronti del creditore procedente e di eventuali intervenuti. L’eventuale riconsegna o la sottrazione delle cose detenute, invece, comporterebbe l’applicazione di sanzioni, oltre ovviamente all’eventuale responsabilità per danni nei confronti dei creditori.
Limitazioni del pignoramento presso terzi
L’obbligo di custodia imposto al terzo subisce limitazioni se il pignoramento ha ad oggetto somme accreditate su un conto corrente bancario o postale intestato al debitore e da questi percepite a titolo di:
- pensione o indennità ad essa equiparate;
- stipendio;
- salario;
- altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento;
- assegni di quiescenza.
In questi casi:
- se l’accredito ha avuto luogo in data antecedente il pignoramento, gli obblighi del terzo pignorato non operano per un importo pari al triplo dell’assegno sociale.
Il pignoramento, ed il corrispondente obbligo del terzo, valgono quindi solo per l’eventuale eccedenza.
- Se l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, gli obblighi del terzo pignorato operano invece nei limiti dei crediti impignorabili.
La dichiarazione del terzo
Ricevuta la notifica del pignoramento, il terzo deve comunicare all’avvocato del creditore procedente se è debitore del debitore principale.
La comunicazione avviene mediante una dichiarazione che deve indicare:
- di quali cose o somme il terzo è “debitore del debitore” o si trova in possesso;
- quando ne deve eseguire la consegna o il pagamento;
- se precedentemente sono stati eseguiti presso di lui dei sequestri;
- se gli sono state notificate delle cessioni o ne ha eventualmente accettate.
La dichiarazione, resa personalmente o tramite procuratore speciale, dev’essere inviata all’avvocato del creditore procedente tramite raccomandata o posta elettronica certificata entro 10 giorni dalla notifica del pignoramento.
La dichiarazione è di fondamentale importanza, non solo perché è un elemento integrativo del pignoramento ma anche perché consente al creditore di valutare se iscrivere a ruolo la procedura esecutiva o meno.
L’iscrizione a ruolo
Eseguita l’ultima notificazione l’Ufficiale Giudiziario restituisce l’atto di pignoramento all’avvocato del creditore.
Dalla data di restituzione dell’atto il legale ha 30 giorni di tempo per iscrivere la procedura a ruolo, pena la perdita di efficacia del pignoramento.
L’iscrizione avviene mediante deposito, nella cancelleria del Tribunale competente per l’esecuzione:
- della nota di iscrizione a ruolo;
- delle copie conformi (attestate dall’avvocato) dell’atto di pignoramento notificato, del titolo esecutivo e del precetto;
- del contributo unificato e della marca da bollo.
A seguito dell’iscrizione a ruolo il cancelliere forma il fascicolo dell’esecuzione che viene trasmesso al magistrato dell’ufficio giudiziario cui è assegnato il procedimento.
L’udienza per la dichiarazione del terzo
Alla data indicata in citazione si tiene l’udienza per la dichiarazione di terzo, in cui possono verificarsi diversi scenari:
- il terzo non ha reso la dichiarazione;
- ha reso la dichiarazione ma questa viene contestata dal creditore;
- il terzo ha reso la dichiarazione che non viene contestata.
Mancata dichiarazione del terzo o dichiarazione contestata
Se il terzo non ha reso la dichiarazione, il creditore procedente ne dà atto all’udienza e il giudice fissa con ordinanza una nuova udienza alla quale il terzo dovrà comparire personalmente per rendere la dichiarazione oltre ad eventuali chiarimenti.
L’avvocato del creditore deve notificare al terzo l’ordinanza di fissazione della nuova udienza almeno 10 giorni prima della data ivi indicata.
Se il terzo non compare a questa seconda udienza, o se compare ma si rifiuta di rendere la dichiarazione, si realizza una sorta di “finzione giuridica”. Il credito o il possesso del bene pignorato di appartenenza del debitore si considerano non contestati, ai fini del procedimento in corso e della successiva esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione, nell’ammontare e nei termini indicati dal creditore nell’atto di pignoramento.
In tal caso se:
- l’allegazione del creditore consente di identificare il credito o i beni in possesso del terzo, il giudice fissa una nuova udienza per l’assegnazione dei beni o dei crediti pignorati;
- invece la mancata dichiarazione del terzo non rende identificabili i beni pignorati, o anche se la dichiarazione è stata resa ma il creditore l’ha contestata, il giudice dell’esecuzione, su istanza di parte, accerta l’esistenza e l’ammontare del credito con ordinanza, compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo.
Dichiarazione resa e non contestata
Se il terzo ha reso la dichiarazione al creditore, dichiarandosi quindi possessore di cose o crediti appartenenti al debitore e non vi sono contestazioni, il giudice dell’esecuzione fissa una nuova udienza per l’assegnazione o la vendita dei beni mobili o per l’assegnazione dei crediti.
L’ordinanza di assegnazione o di vendita
L’assegnazione o la vendita dei beni o crediti pignorati presso il terzo segue le norme generali dettate per l’espropriazione mobiliare presso il debitore.
La disciplina è peculiare solo se l’espropriazione presso terzi ha ad oggetto crediti.
Esistono due tipologie di assegnazione, in base alla natura dei crediti pignorati, a seconda che si tratti di somme esigibili:
- immediatamente o in termini non superiori a 90 giorni, per le quali l’assegnazione in pagamento è l’unica forma di espropriazione ammessa;
- in termini superiori a 90 giorni o relative a censi o rendite perpetue o temporanee, per le quali se i creditori non chiedono concordemente l’assegnazione, i crediti si vendono nelle forme disposte per la vendita di cose mobili.
L’esecuzione dell’ordinanza di assegnazione
L’ordinanza di assegnazione costituisce un nuovo titolo esecutivo in favore del creditore, che questi può spendere direttamente nei confronti del terzo, avviando nei suoi confronti una nuova e distinta procedura esecutiva qualora non dovesse adempiere spontaneamente.
Quest’ultima potrà quindi essere semplicemente comunicata al terzo o notificata in forma esecutiva.
L’atto di pignoramento presso terzi: che cosa deve contenere?
Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi, si esegue mediante atto notificato personalmente al terzo e al debitore.
L’atto, seppur interamente redatto dal legale del creditore procedente, consta di due parti distinte, una iniziale, ad opera del creditore, ed un’altra di competenza dell’ufficiale giudiziario.
L’atto di pignoramento presso terzi deve necessariamente contenere:
- l’indicazione del credito per cui si procede, del titolo esecutivo e del precetto;
- la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente;
- l’indicazione delle cose o delle somme dovute e l’intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice;
- la citazione del debitore a comparire davanti al giudice competente;
- l’invito al terzo a comunicare al creditore procedente la dichiarazione entro 10 giorni tramite raccomandata o posta elettronica certificata;
- l’avvertimento al terzo che in difetto di comunicazione dovrà rendere la dichiarazione comparendo in un’apposita udienza. Se non compare o, pur comparendo, non rende la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso delle cose di appartenenza del debitore si considereranno non contestati, ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione, nell’ammontare o nei termini indicati dal creditore;
- l’ingiunzione (fatta dall’ufficiale giudiziario) al debitore di astenersi dal compiere qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito indicato i beni oggetto di espropriazione e i relativi frutti;
- l’invito (rivolto sempre dall’ufficiale giudiziario) al debitore ad effettuare presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione;
- l’avvertimento (dell’ufficiale giudiziario) al debitore può chiedere di sostituire ai crediti pignorati una somma di denaro pari all’importo dovuto ai creditori pignoranti e ai creditori intervenuti Quest’ultimo è comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese;
- l’ulteriore avvertimento (dell’ufficiale giudiziario) al debitore che, a norma del secondo comma, terzo periodo dell’art. 615 c.p.c., l’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione, salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero che l’opponente dimostri di non averla potuta proporre tempestivamente per causa a lui non imputabile.
I crediti impignorabili
Esistono alcune tipologie di crediti che non possono essere pignorati, distinguendo tra impignorabilità assoluta e relativa.
Sono beni impignorabili quelli aventi ad oggetto:
- sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri;
- sussidi dovuti per maternità, malattie o funeralida casse di assicurazione, enti di assistenza o istituti di beneficenza;
- i crediti derivanti da pensioni di invalidità.
Sono relativamente impignorabili:
- i crediti alimentari, gli stipendi, i salari e le altre indennità dovute da privati per rapporto di lavoro o di impiego (comprese quelle dovute a causa di licenziamento): questi crediti sono pignorabili per alimenti nella misura determinata con decreto dal Presidente del Tribunale o di un giudice da lui delegato; diversamente sono pignorabili nella misura massima di 1/5 del loro ammontare;
- i crediti per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, pignorabili nella misura di 1/5 del loro ammontare;
- le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, indennità che tengono luogo di pensione o altri assegni di quiescenza, pignorabili solo per l’importo eccedente la misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà.
La parte eventualmente eccedente tale ammontare è invece pignorabile nei limiti previsti dal terzo.
Se concorrono più cause di impignorabilità tra quelle precedentemente menzionate, il pignoramento non può comunque estendersi oltre la metà dell’ammontare delle somme predette.
Sono relativamente impignorabili, purché le somme siano accreditate su c/c bancario o postale intestato al debitore, anche:
- le indennità relative al rapporto di lavoro privato o di pubblico impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento;
- le prestazioni previdenziali a titolo di pensione o assegni di quiescenza.
Tali somme sono pignorabili:
- nella misura eccedente il triplo dell’assegno sociale, se l’accredito è anteriore al pignoramento;
- nei limiti previsti dal terzo, se l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente.
Il pignoramento eseguito in violazione dei divieti ed oltre i limiti previsti dalla norma e dalle disposizioni di legge speciali, è parzialmente inefficace e l’inefficacia è rilevabile d’ufficio dal giudice.
Come bloccare un pignoramento presso terzi
L’accordo con i creditori
Una prima possibilità è quella di trovare un accordo con i creditori, soluzione spesso gradita anche a questi ultimi soprattutto in ragione dei costi e tempi della procedura esecutiva.
La proposta di accordo sarà verosimilmente formulata dall’avvocato del debitore e, se accettata, verrà formalizzata in un accordo transattivo.
Il contenuto dell’accordo è tendenzialmente libero e concordato dalle parti; tipicamente vede l’impegno del debitore a versare il dovuto con correlata rinuncia del creditore alla procedura esecutiva.
Di regola gli schemi transattivi più frequenti sono il saldo e stralcio (estinzione del debito mediante il pagamento di una somma ridotta rispetto al credito complessivamente vantato, versata immediatamente o a breve termine) o la corresponsione dilazionata del dovuto, anche se nulla vieta alle parti di combinare entrambi.
Va detto però che in pendenza di trattative e fintanto che l’accordo non è concluso l’esecuzione non è sospesa.
L’adempimento “nelle mani” dell’ufficiale giudiziario
Altra possibilità per evitare il pignoramento è quella di adempiere direttamente “nelle mani” dell’ufficiale giudiziario.
Il debitore può evitare il pignoramento di crediti versando all’ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l’importo delle spese, con l’incarico di consegnarli al creditore.
Analogamente può evitare il pignoramento di cose depositando nelle mani dell’ufficiale giudiziario, in luogo dei beni, una somma di denaro uguale all’importo del credito per cui si procede e delle spese, aumentata di 2/10.
La conversione del pignoramento
Prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione, il debitore può presentare istanza (c.d. “di conversione” del pignoramento) con cui chiedere di sostituire ai beni pignorati una somma di denaro pari all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese.
A tal fine deve depositare in cancelleria, unitamente all’istanza, una somma non inferiore ad 1/6 dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti di eventuali intervenuti, dedotti i versamenti effettuati.
La somma complessiva da sostituire al bene pignorato è determinata dal giudice dell’esecuzione con ordinanza, non oltre 30 giorni dal deposito dell’istanza di conversione e se ricorrono giustificati motivi il pagamento può avvenire anche in maniera rateale, entro il termine massimo di 48 mesi.
Ogni 6 mesi il Giudice provvede a pagare il creditore pignorante o a distribuire tra gli intervenuti le somme nel frattempo versate dal debitore.
In caso di omissione o ritardo nel pagamento superiore a 30 giorni, le somme già versate entrano invece a far parte dei beni pignorati e ne è disposta la vendita a richiesta dei creditori.
L’istituto in questione è frequentemente impiegato nelle espropriazioni immobiliari, dove consente di soddisfare le istanze creditorie con l’esigenza del debitore di conservare la disponibilità del bene pignorato fino all’integrale pagamento del dovuto.
Sorge quindi spontaneo chiedersi se possa trovare applicazione anche nel pignoramento presso terzi.
Il Tribunale di Milano si è pronunciato sulla questione, dichiarando ammissibile la domanda di conversione nel pignoramento presso terzi di crediti ma escludendo la possibilità di rateizzazione delle somme dovute.
La ratio sottesa alla rateizzazione è proprio quella di contemperare l’esigenza del creditore alla piena e pronta soddisfazione del credito con quella del debitore a conservare il bene pignorato.
Tale esigenza non sussiste nel pignoramento presso terzi che ha ad oggetto crediti. In questi crediti vi è già una somma liquida ed esigibile che va quindi assegnata al creditore in un’unica soluzione.
L’opposizione al pignoramento
Il pignoramento può essere “bloccato” anche a seguito di opposizione.
Esistono diverse tipologie di opposizione, distinte a seconda del soggetto che le propone e soprattutto dei motivi su cui sono fondatele opposizioni:
- all’esecuzione
- agli atti esecutivi
- di terzo all’esecuzione.
Va comunque chiarito che l’opposizione, di qualunque tipo sia, non sospendeautomaticamente il pignoramento ma è il giudice a doversi pronunciare in tal senso se ritiene verosimili le contestazioni sollevate dall’opponente.
In tal caso la sospensione può essere disposta sia prima dell’udienza (se ricorre una situazione di urgenza) sia a seguito di quest’ultima.
Opposizione all’esecuzione
Con l’opposizione all’esecuzione il debitore contesta il diritto della parte istante a intraprendere il pignoramento, ritenendo che non ne sussistano le condizioni (difetto di titolo esecutivo, impignorabilità dei beni esecutati, difetto di legittimazione passiva dell’esecutato).
L’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita, salvo sia fondata su fatti sopravvenuti o l’opponente dimostri di non averla potuta proporre tempestivamente per causa a lui non imputabile.
Il termine ultimo per proporre opposizione all’esecuzione è quindi quello di pronuncia dell’ordinanza di vendita da parte del giudice dell’esecuzione.
Per quanto riguarda la forma:
- se l’esecuzione non è ancora iniziata l’opposizione si propone come opposizione a precetto, con citazione dinanzi al giudice competenteche, su istanza di parte, può sospendere l’efficacia esecutiva del titolo concorrendo gravi motivi;
- se l’esecuzione è iniziata l’opposizione si propone invece con ricorso al giudice dell’esecuzione.
Opposizione agli atti esecutivi
Con l’opposizione agli atti esecutivi il debitore non contesta il diritto dell’istante a procedere all’esecuzione bensì le modalità con cui è stata intrapresa, lamentando quindi l’esistenza di vizi formali degli atti del processo esecutivo (vizi di notificazione del titolo o del precetto).
Il termine perentorio per proporre opposizione è di 20 giorni dal compimento del singolo atto o dal momento in cui il soggetto ne ha avuto conoscenza.
Anche in tal caso le modalità di proposizione differiscono a seconda che l’esecuzione sia già iniziata o meno:
- se l’opposizione precede la notifica del pignoramento si propone con atto di citazione dinanzi al giudice territorialmente competente indicato nell’atto di precetto;
- se l’opposizione interviene ad esecuzione iniziata si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione.
I rimedi a tutela del terzo pignorato
Si è detto che il terzo esecutato è sostanzialmente estraneo al procedimento esecutivo intrapreso dal creditore, in cui riveste il ruolo di parte solo in senso processuale.
Non sussiste infatti un rapporto di debito – credito tra questi e il creditore procedente. Il terzo è coinvolto nella procedura solo perché è a sua volta debitore dell’esecutato.
Non è tuttavia escluso che anche il terzo debba difendersi dal procedimento esecutivo, ad esempio perché non ha alcun debito nei confronti del debitore. Si pensi anche al caso in cui il debito sia di importo inferiore rispetto al credito per cui si procede in sede esecutiva.
Consapevole di ciò il legislatore ha previsto che il terzo debba trasmettere la dichiarazione ex art. 547 c.p.c., consentendogli così di quantificare o disconoscere l’esistenza del suo debito verso il debitore esecutato.
Si è detto però che se il terzo non rende la dichiarazione e ciò non è ostativo all’identificazione e quantificazione del compendio pignorato, il giudice può comunque pronunciare l’ordinanza di assegnazione in favore del creditore procedente.
Ad ulteriore tutela del terzo, si prevede quindi che questi possa impugnare l’ordinanza, se prova di non averne avuto tempestiva conoscenza per:
- irregolarità della notificazione;
- caso fortuito;
- forza maggiore.
Opposizione di terzo all’esecuzione
E’ frequente che il pignoramento colpisca beni che il creditore ritiene di proprietà del debitore ma dei quali è in realtà titolare un terzo.
In tal caso l’espropriazione può essere “bloccata” anche a seguito dell’opposizione di terzo proposta da questo soggetto.
Il terzo che pretende di avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati può proporre opposizione. L’opposizione deve essere proposta prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione in pagamento dei beni.
Si contempla anche l’ipotesi di opposizione tardiva da parte del terzo, proposta cioè dopo che è stata effettuata la vendita.